Il Moyamoya - Amici del Moyamoya

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Il Moyamoya

  La malattia di Moyamoya è una rara patologia cerebrovascolare caratterizzata dalla progressiva occlusione delle arterie più importanti che portano sangue al cervello. In particolare, nei pazienti con moyamoya si assiste ad una chiusura progressiva del tratto distale della carotide intracranica e dei suoi rami principali. Il cervello e le arterie reagiscono alla progressiva riduzione del flusso sanguigno che ne deriva cercando di formare nuovi circoli collaterali di compenso. Alcuni di questi, i più caratteristici, assumono l’aspetto di una “nuvoletta di fumo che volteggia nell’aria”. L’aspetto di queste arterie di compenso è caratteristico e da esse deriva il nome della malattia. Il nome moyamoya è infatti il termine giapponese che significa “nuvoletta di fumo” ed è stato coniato nel 1969 da Suzuki e Takaku, membri di un team giapponese dedito allo studio delle malattie cerebrovascolari. Poiché i compensi naturali non sempre sono sufficienti e le arterie neoformate sono spesso fragili il paziente è a rischio sia di eventi ischemici che emorragici. I sintomi più frequenti con cui la malattia si presenta sono gli attacchi ischemici transitori, la cefalea, le crisi epilettiche. Le complicanze acute più gravi sono l’ictus cerebri e l’emorragia cerebrale. La malattia può colpire sia gli adulti che i bambini.

    Allo stato attuale non vi sono farmaci o terapie mediche efficaci per il trattamento del moyamoya. L’unico approccio terapeutico che si è dimostrato realmente efficace nella prevenzione delle complicanze ischemiche e quindi nel miglioramento della qualità e aspettativa di vita è chirurgico. La chirurgia consiste nel creare una connessione (bypass) tra le arterie extracraniche e le arterie cerebrali in modo da superare l’ostacolo causato dalla chiusura dell’arteria carotide e i suoi rami.

SINTOMI

  • STROKE (mancanza di forza o sensibilità persistente alla faccia e/o braccio e/o gamba, difficoltà a parlare, instabilità nella marcia o coordinazione, perdita della visione periferica che insorgono acutamente, nel giro di secondi o pochi minuti). I pazienti con moyamoya possono soffrire sia di Stroke ischemici che derivano dalla chiusura di vasi, sia di stroke emorragici causati dalla rottura di vasi. Uno stroke, sia esso emorragico o ischemico, se grave, può essere causa di deterioramento del livello di coscienza (sopore o coma) o di mortalità.
  • ATTACCHI ISCHEMICI TRANSITORI (TIA) (come nello stroke, ma la durata dei sintomi è breve e vi è una ripresa spontanea più o meno completa nel giro di pochi minuti)
  • CEFALEA CRONICA
  • CEFALEA ACUTA DA EMORRAGIA SUBARACNOIDEA (i pazienti con moyamoya possono sviluppare aneurismi cerebrali (vd) a partenza dalle arterie del circolo di willis non colpite dalla malattia e la rottura di un aneurisma provoca l’emorragia subaracnoidea (vd)
  • PROGRESSIVO DETERIORAMENTO COGNITIVO, DEMENZA, DIFFICOLTA’ NELL’APPRENDIMENTO

    I bambini possono avere modalità di presentazione particolari: temporanea mancanza di forza di una parte del corpo durante attività sportiva, crisi epilettiche durante sforzi fisici. A volte, nei bambini più piccoli, i sintomi possono essere scatenati dal pianto prolungato.
Il moyamoya può svilupparsi in associazione ad altre malattie: Sindrome di Down, malformazioni artero-venose cerebrali, neurofibromatosi, precedente irradiazione cerebrale, anemia a cellule falciformi. La comparsa di sintomi come quelli precedentemente elencati in pazienti con queste malattie deve far sospettare un moyamoya.

DIAGNOSTICA ED ESAMI STRUMENTALI

    Dopo una completa analisi dei sintomi e  della loro evoluzione (storia clinica) e in presenza di un sospetto di patologia cerebrovascolare, è fondamentale procedere ad un approfondimento diagnostico strumentale. Alcuni esami hanno lo scopo di fare diagnosi nel modo meno invasivo possibile (esami di primo livello), altri esami servono invece a porre l’indicazione chirurgica, a decidere che tipo di intervento fare e a “stadiare” lo stato evolutivo e gravità della malattia.

RISONANZA MAGNETICA ED ANGIO-RM

    La risonanza magnetica (RM) permette di visualizzare aree ischemiche cerebrali sia in fase acuta che cronica. Possono evidenziarsi aree ischemiche silenti da un punto di vista clinico. L’RM può anche mostrare la presenza di piccoli micro sanguinamenti che possono essere predittivi di futuri ictus emorragici più gravi. L’RM è anche in grado di vedere i vasi moyamoya dilatati. L’angioRM è invece una metodica che studia in modo specifico i vasi e permette di vedere le stenosi, i vasi moyamoya, ed eventuali aneurismi associati. L’RM ed angioRM permettono quindi di valutare le conseguenze cerebrali del moyamoya e di fare anche diagnosi di malattia nella maggior parte dei casi.
L’angioRM permette anche di identificare la non frequente ma tuttavia possibile presenza di aneurismi cerebrali (vd). L’aneurisma cerebrale può richiedere un trattamento per se, indipendentemente dalla malattia moyamoya sottostante. L’aneurisma può essere causa di emorragia subaracnoidea (vd).
L’RM ed angioRM sono esami non invasivi, ripetibili nel tempo, non richiedono ricovero  e sono le metodiche di screening più frequentemente usate per i famigliari di pazienti con moyamoya già noto. Possono essere fatte anche nel bambino. Nei bambini più piccoli può essere necessaria la sedazione vista la necessità di collaborazione (stare immobili per tempi lunghi).
Nelle linee guida del “Research Commitee on Spontaneous Occlusion of the Circle of Willis (MoyaMoya Disease)” la RM+angioRM rappresenta l’esame diagnostico principale. Poiché la potenzialità diagnostica di queste metodiche dipende dall’intensità del campo magnetico della macchina, il “Research Commitee on Spontaneous Occlusion of the Circle of Willis (MoyaMoya Disease)” raccomanda esami con apparecchiature di 1.5Tesla.

ANGIOGRAFIA CEREBRALE

    L’angiografia cerebrale è l’esame di riferimento. Anche se l’RM+angioRM sono in grado di fare diagnosi, l’angiografia fornisce dettagli anatomici fondamentali utili a decidere se e come fare l’intervento e permette di definire in modo più completo l’entità dei circoli collaterali e lo stato evolutivo della malattia. In particolare, la”nuvoletta di fumo” che ha dato il nome alla malattia è un reperto angiografico e gli stadi della malattia sono stati definiti da Suzuki e Takaku sulla base dell’angiografia. L’angiografia è anche l’esame di riferimento per diagnosi e trattamento degli aneurismi cerebrali (vd), possibile causa di emorragia subaracnoidea (vd).
L’esame consiste nell’iniezione di mezzo di contrasto nelle arterie e nella successiva acquisizione di radiografie. In pratica:  la via d’accesso è dall’arteria femorale e il dolore è minimo o assente visto che la puntura della femorale viene fatta previa anestesia locale. Attraverso l’arteria femorale si porta un micro catetere fino all’origine delle arterie che irrorano il cervello. Viene quindi iniettato Il mezzo di contrasto che permette di “colorare” il decorso delle arterie cerebrali rendendole così visibili su lastre radiografiche. Poiché l’esame non è doloroso non richiede sedazione o anestesia generale salvo in pazienti non collaboranti poichè l’immobilità e la collaborazione è fondamentale per la riuscita dell’esame.
Normalmente il paziente viene ricoverato la sera prima dell’esame o il mattino stesso. In preparazione all’esame vengono fatti esami ematici, ECG e, nei pazienti adulti che necessitano di anestesia generale, una radiografia del torace. Il giorno successivo il paziente viene dimesso. Viene successivamente richiamato in ambulatorio per discutere l’esito degli esami e le decisioni terapeutiche.

STUDI DI PERFUSIONE

    In alcuni pazienti può essere necessario un ulteriore approfondimento diagnostico con esami che studiano la perfusione cerebrale. Alcuni sono esami radiologici (RM perfusionale, TAC perfusionale) altri di medicina nucleare (SPECT, Xenon, PET). L’ esame che noi usiamo maggiormente è la TAC perfusionale.
La TAC perfusionale consiste in una normale TAC con mdc. Un software specifico analizza la dinamica del mezzo di contrasto attraverso le arterie cerebrali e fornisce diversi dati emodinamici tra cui il flusso cerebrale, il tempo di transito e il volume ematico cerebrale. Il mezzo di contrasto viene iniettato attraverso una vena del braccio, è indolore, non richiede ricovero. Come preparazione bastano alcuni esami del sangue (emocromo, urea, creatinina, glicemia, elettroforesi proteica) che possono essere richiesti dal medico curante giorni o settimane prima dell’esame. La Tac perfusionale può anche essere fatta successivamente alla somministrazione di Diamox che è un farmaco usato per studiare la reattività cerebrovascolare. Una riduzione della reattività cerebrovascolare è un importante indicatore della necessità di un intervento di rivascolarizzazione. L’insieme dei dati emodinamici (flusso cerebrale,  tempo di transito e volume ematico cerebrale) e le risposte al Diamox permettono di capire: i) se i compensi naturali che cervello e arterie mettono in atto sono efficienti e il loro limite, ii) il rischio annuo di avere eventi ischemici, iii) identificare l’area cerebrale che più di altre sta soffrendo, iv) localizzare l’area/e cerebrale che ha raggiunto il limite del compenso per meglio indirizzare l’intervento di bypass, v) miglior valutazione del rischio e beneficio chirurgico. Inoltre, in pazienti asintomatici per i quali è stato deciso di non fare interventi chirurgici, gli studi perfusionali possono essere utilizzati per seguire l’evoluzione della malattia nel tempo.

TRATTAMENTO CHIRURGICO

    La chirurgia per il moyamoya viene offerta per prevenire il deterioramento neurologico indotto dagli eventi ischemici. L’intervento riduce il rischio di stroke, il deterioramento cognitivo ischemia correlato e migliora la qualità della vita. Molto più dibattuta è invece l’efficacia preventiva sugli eventi emorragici. Diversi autori suggeriscono l’intervento anche per la prevenzione degli eventi emorragici poiché il bypass può ridurre il carico emodinamico a cui le arterie coinvolte nei compensi sono sottoposte e quindi il loro rischio di usura e rottura.
Ci sono due tipi di intervento: i) intervento di rivascolarizzazione diretta e ii) interventi di rivascolarizzazione indiretta. I due tipi di interventi possono essere combinati se necessario, cioè un paziente può essere sottoposto nella stessa seduta sia ad un intervento di rivascolarizzazione diretta che ad una indiretta.

RIVASCOLARIZZAZIONE DIRETTA

    La rivascolarizzazione diretta è il bypass. Il tipo di bypass più utilizzato è il bypass STA-MCA (STA: arteria temporale superficiale; MCA: arteria cerebrale media). L’arteria temporale superficiale è una delle arterie dello scalpo e in particolare è l’arteria che si sente pulsare anteriormente all’orecchio. L’arteria cerebrale media è una delle principali arterie che irrorano il cervello, è una delle principali diramazioni dell’arteria carotide ed è frequentemente coinvolta nel moyamoya.  L’intervento consiste nell’abboccare l’arteria dello scalpo (STA) ai rami terminali dell’arteria cerebrale (MCA) in modo da fornire sangue nei territori del cervello ipoperfusi e quindi a rischio di ischemia. L’intervento può essere pertanto anche definito bypass intra-extracranico. Più raramente possono essere utilizzate altre arterie donatrici (come per esempio l’arteria occipitale che è l’arteria che si sente pulsare dietro l’orecchio) e altre arterie cerebrali (arteria cerebrale anteriore, arteria cerebrale posteriore). L’intervento può essere fatto bilateralmente ma in diverse sedute operatorie. Il bypass fornisce immediatamente una quota di sangue che è funzione delle dimensioni dell’arteria e del fabbisogno cerebrale. Poiché il bypass può ipertrofizzarsi nel tempo in base alle necessità dell’encefalo, il flusso ematico potrà ulteriormente aumentare nei mesi successivi all’intervento. Il bypass è la procedura di prima scelta nei pazienti con moyamoya elegibili. E’ una procedura che può essere fatta sia sull’adulto che sul bambino purchè vi siano arterie di un calibro sufficiente (>0.8mm).

RIVASCOLARIZZAZIONE INDIRETTA

    Quando non vi sono arterie di un calibro sufficiente per poter fare una rivascolarizzazione diretta una soluzione efficace è la rivascolarizzazione indiretta. E’ maggiormente utilizzata in età pediatrica poiché nel bambino è spesso più difficile trovare un’arteria ricevente di calibro adeguato e perché le potenzialità angiogenetiche (capacità di formare nuove arterie e costruire circoli collaterali) del bambino sono ritenute superiori rispetto a quelle dell’adulto. Recenti studi hanno tuttavia documentato l’efficacia della rivascolarizzazione indiretta anche in pazienti adulti dove però rimane una metodica di seconda scelta o da associare ad una rivascolarizzazione diretta. La logica della rivascolarizzazione indiretta è che il fabbisogno metabolico del cervello diventa lo stimolo per la formazione di nuovi vasi e circoli collaterali a partenza da tessuti vascolarizzati giustapposti all’encefalo. L’incremento di flusso è meno facilmente prevedibile rispetto ad una rivascolarizzazione diretta e, soprattutto richiede tempi più lunghi (>2 mesi). Descriviamo le tre modalità di rivascolarizzazione indiretta più frequentemente utilizzate.

  • EDAS (encephalo-duro-arterio-synangiosis): utilizza un ramo dell’arteria temporale superficiale. Questo viene liberato dal tessuto sottocutaneo, ancorato alla dura meninge e messo a contatto con l’encefalo. I circoli collaterali si creano a partire dalla dura meninge e dall’arteria stessa senza che l’arteria debba essere suturata direttamente ad un vaso encefalico.
  • EMS (encephalo-myo-synangiosis): Il muscolo temporale viene dissecato dai restanti tessuti e posizionato sulla superficie encefalica previa ampia craniotomia.
  • Fori di trapano multipli: l’intervento consiste nel praticare multipli piccoli fori di trapano in diverse regioni del cranio e aprire la dura meninge sottostante. Di fatto consiste nell’aprire strade di connessione tra l’ambiente extracranico e quello intracranico. Alcuni studi hanno documentato lo sviluppo di arterie che dalla pelle si estendevano all’encefalo rivascolarizzandolo.

    I tre tipi di rivascolarizzazione indiretta possono essere associati  e questo aumenta le potenzialità curative della metodica.

ANEURISMI CEREBRALI ED EMORRAGIA SUBARACNOIDEA

    Le arterie cerebrali del circolo di Willis che non vengono colpite dalla malattia moyamoya sono sottoposte ad un carico emodinamico maggiore rispetto alla norma poiché oltre a dover fornire sangue ai propri normali territori vascolari, devono compensare alla occlusione o stenosi delle arterie colpite dalla malattia. Il maggior carico emodinamico sottopone le pareti arteriose ad uno stress aggiuntivo e questo aumenta il rischio di formazione di aneurismi rispetto alla popolazione generale di pari età. Tipicamente, gli aneurismi sono dilatazioni focali della parete dell’arteria e rappresentano un’area di elevata fragilità.
Gli aneurismi cerebrali possono essere singoli o multipli, possono colpire diverse arterie contemporaneamente. Sono lesioni acquisite (non congenite) e quindi possono svilupparsi nel corso della vita.
L’esame più sensibile e specifico è l’angiografia. Essendo tuttavia invasivo, si preferisce studiare preliminarmente il circolo con l’RM+angioRM e lasciare l’angiografia ai casi in cui l’RM ha già documentato un sospetto di aneurisma o ai casi in cui l’angiografia è già programmata per lo studio della malattia moyamoya.
Gli aneurismi rimangono asintomatici salvo il raro caso che raggiungano grandi dimensioni o che si rompano causando un’emorragia subaracnoidea.
L’emorragia subaracnoidea da aneurisma è una complicanza grave. La metà degli affetti da emorragia subaracnoidea sviluppano deficit gravi o muoiono come conseguenza diretta o indiretta del sanguinamento. Sebbene la storia naturale degli aneurismi e la prognosi dell’emorragia subaracnoidea nel contesto della malattia moyamoya non siano state completamente definite a causa della rarità della patologia nulla fa pensare ad una maggiore benignità.
Gli aneurismi possono essere trattati. Nel caso il trattamento sia considerato indicato, esistono due tipi approcci terapeutici: microchirurgia (clipping), trattamento endovascolare. La scelta tra i due approcci è funzione di: i) sede dell’aneurisma, ii) morfologia, iii) dimensioni, iv) età e condizioni cliniche del paziente. L’intervento microchirurgico per l’aneurisma può in alcuni casi essere associato agli interventi di rivascolarizzazione.

*le conoscenze sull’argomento sono in continua evoluzione. Sarà nostra premura mantenere aggiornata la parte scientifica del sito. Poiché le informazioni riportate sono solo un’introduzione parziale alla complessità del problema gli autori sono disponibili a discutere con il paziente, famigliari o medici di base eventuali quesiti più specifici. Per ulteriori informazioni fare riferimento ai contatti riportati nel sito.
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